Così cantavano a metà dei '90 gli 883.
Un mito, per chi fa sport, è un eroe, uno che ti emoziona, uno che fa cose impossibili ai più. Messi nel calcio ne è un esempio. Jordan lo è stato nel basket; Rossi in moto e ce ne sarebbero tanti altri.
Queste persone sono ciò che noi non siamo o non siamo riusciti ad essere; quando fanno un'impresa, una delle tante, noi daremmo loro anche lo jus primae noctis.
Miti nella mia vita ne ho avuti parecchi, soprattutto in gioventù: Gelindo Bordin, Gianni Bugno, Ben Jhonson (si lo so che era un bluff), Mike Powell.
Poi sono cresciuto e ho iniziato a vedere delle cose strane: persone che al posto del sangue avevano succo di frutta e dicevano che era tutto un complotto contro di loro; persone con ormoni nel sangue che accusavano bistecche di una non ben precisata provenienza; ragazzetti che nel giro di un anno mettevano su 10 Kg di massa muscolare e dicevano che prendevano solo creatina.
Oggi poi l'apoteosi.
Come da me sostenuto in passato, non è normale vincere 7 Tour de France dopo che ti asportano i testicoli, ti aprono il cranio e ti rimuovono tumori grandi come noci. In più, a 40 anni suonati, ti dedichi al triathlon e concludi il tuo primo 70.3 finendo secondo con degli split da paura. E infatti la USADA (agenzia statunitense per la lotta al doping) dichiara di avere le prove per dimostrare che questo signore ha fatto uso di sostanze illecite lungo tutta la sua carriera.
E allora basta. Da oggi guarderò con diffidenza lo sport professionistico, ancor più di quanto non stessi già facendo. Da oggi penserò che è solo spettacolo, come il wrestling, e non c'è niente di vero. Per trovare un mito guarderò tra noi amatori, dove 4 miei compagni di squadra completano il Passatore, due sotto le 10 ore e due sotto le 11, al termine di mesi di allenamento massacranti; un eroe sarà un pazzo che, dopo una chiacchierata in una cena tra amici, decide di fare un 70.3 e lo completa al secondo tentativo solo perché la prima volta gli è esploso il cambio della bici.
In realtà i veri miti siamo noi, che per una passione ci svegliamo alle 5.30 del mattino, facciamo 12 ore di lavoro e poi troviamo la forza di andare in pista a fare ripetute; noi che alle 4.30 del mattino siamo in strada a fare un lungo; noi che alle 7 del mattino entriamo in piscina e alle 9 siamo in ufficio con i segni degli occhialini. Un mito è un padre che con due figli si ritaglia un po' di spazio nella giornata per una passione ma non toglie un solo secondo ai suoi eredi.
Voi milionari imbroglioni: andatevene pure a fare in culo!
Buona Corsa!